venerdì 11 dicembre 2009

Lucio Battisti - Pensieri e Parole

lunedì 16 novembre 2009

Urlo.




















Urlo.

Ventiquattro porte. Combinazioni rare
si aprono per poi rinchiudersi. Serpenti,
fantasmi, ricordi, incubi. O solo pietre?
Farfalla, mia, bianca, dietro le porte voli.

Cieca, danzi, volteggi e canti, nella mia
testa. Ti avvicini e dalla bocca, il ghigno!
Lama tagliente, confonde cuore e mente,
fascio di luce, stridente di dolore. E' il mio
urlo!

M.S.
© copyright2009

mercoledì 11 novembre 2009

Amore nuovo
















AMORE NUOVO


Il fiume scorreva nel silenzio. Infiniti i suoi sogni.
Dolce il movimento delle dieci dita. E dalle mani
nasceva forma. Era pietra levigata. Ma… silenzio!
Lacrime di notte, e nella bocca annegavano parole.

Notti insonni, tremore, cercava nella mente il dove,
il perché. Lentamente, inesorabilmente, il nulla. Lo
divorava. Le Mani e la fronte bagnata. Andava, solo,
sul nastro infinito, grigio, e di fianco il mare. E lei?

L’Urlo! Violenta tempesta, fulmini squarciano il buio
di fuori e dentro la sua anima. La felicità è in fiamme.
Una voragine sotto i suoi piedi, corpo, mente, e cuore
sprofondano nel passato. Giornate e notti di assenze.

Carne dolente cerca il futuro, gridando l’ amore, urla
farfalla. Era una coppia, di ali spezzate, il suo animo,
ormai, una gelida presenza della sua vita. Occhi lontani,
Sguardi di ghiaccio. Vendetta, nell’anima, il sentimento.

Voleva volare felice nell’alto, dall’alto soffrire senza lui.
La belva, spietata, si impossessò dell’anima. Ora è solo!
Ma passerà, il tempo tornerà ad illuminare il vortice nero,
sulle sue labbra, di rosso vermiglio pulserà, amore nuovo.

M.S.
© copyright2009

domenica 8 novembre 2009

La dama della luce.
































La dama della luce.

Sogno, pensiero o incubo? Fiore che partorisci la luce.
Un'austera dama sulla preziosa scacchiera. Unico faro.
Sei il centro, sole, albore, illumini la mia notte, riscaldi.
Ho spostato l'ombra della torre dal tuo cammino. Nera.
era sempre con te, deforme, era bianca e vestita di me.

Serpenti e soldati affollavano le mie notti, senza di te,
divoratori di false ambiguità. Tra le maschere bianche
vago nel silenzioso deserto di specchi infranti. I riflessi
si annullano. Tante immagini, cristalli, crisalidi bianche,
farfalle. Un antico suono, un'eco lontana, è nella mente.

Un urlo silenzioso, dal profondo, è un canto sussurrato
che accarezza il mio cuore nell'antico gioco dell'amore.
I pezzi si confondono. Bianco, dolce sapore agro, nero.
Sabbia rovente, dove sdraio i miei pensieri? Sei l'onda
fantasma, luce, presenza fautrice della mia vita oscura.

Tu, dama elegante, centro della scacchiera luminosa,
io sono la tua torre, riparo, isola nell'oceano, son qua!
Fiore della luce mia. Tu! memoria della vita che verrà,
luce della mia luce, che rischiara il mio profondo buio.
Anima mia, tu sei là, lo so! E finché vivrò ti cercherò.

M.S.
© copyright2009

mercoledì 4 novembre 2009

Il Vuoto





















IL VUOTO

Il centro è stanco. Dai vetri appannati,
alcuni riflessi distorti di volti, già noti,
soli. La luce del giorno è spenta e fuori
c'è il silenzio, dentro rumore. La gioia
scivolando va via nelle onde del fiume.

Luci confuse non si accorgono del faro.
Indefinita sensazione, è l'abisso. Colori
smarriti nel tempo e geometrie perfette
si allineano. Piccola colomba sei bianca,
ingabbiata e stanca, urlando, scappi via.

Bruci, la tua solitudine sul palco. Legata,
da invisibili fili, anneghi nell'ignoto. Mio
è lo spazio, dove il centro sei tu. La forma
imperfetta, a me nota e sfuggente. L'odore,
tuo, assaporo quando mi libero nel profondo.

Io sogno. Lasciami accarezzare dai ricordi.
Terra dei miei fiori perché te ne vai? Lo sai
che sei me! Avvolta dal buio totale è senza
l'anima tua la mia. Nell'infinito delle parole
vago, solo per riempire. Vano appagamento
del corpo e della mente.

Il senso dov'è, quando non c'è più qualcosa
di me dentro di te? Terra, dei miei fiori, voli
verso orizzonti a te ignoti. Occhi miei, chiusi,
è un incubo? Solo il pensiero e l'aria manca.
Dalle profondità abissali mi arriva il tuo canto.
Piove. Perché?

M.S.
© copyright2009

sabato 31 ottobre 2009

Il sogno di due naufraghi
















Il sogno di due naufraghi

Il suo nome era Marja. Era del diavolo. Scura
lattiginosa, un odore acro, penetrante e forte.
Il mare se la portò. Erano con luce gli occhi
suoi azzurri, stanchi, speravano oltre la linea.
Cercava il bianco, arrivò il fuoco e fu rosso.

Sembrava pura, era solo una amica lontano.
Si alza deciso il fuoco nel cielo, nell'azzurro,
non ho paura. Si! In alto c'è del Fumo. Ma no!
è solo una nuvola. Lento era il ritmo, il tocco
della campana. Era il corpo del tempo. Dooon.

Fascio di luce stridente di dolore. Volto noto,
antico, esce. Dal bianco cielo dentro la mente.
Dall'acqua leggerezza, lenta, sale. Poi il vuoto.
Raggiunge l'anima. Fu altro, il tempo sognato
vola, perso. Mentre sprofonda da lei il ricordo.

Erano da soli, iniziò il viaggiò, la Paura con loro.
Le guance arrossate, occhi spenti: è vita o amore?
Un leggero brivido sulla la pelle. L'Anima tremò.
Freddo non era, caldo nemmeno. Squillanti e vivi,
i colori, suoni con l'eco. Tremarono le ali spezzate.

Con sforzo, si alzò. Andarono, per vuoti corridoi.
Sopra il cielo, si intrecciavano uguali. Negli occhi
nessuna porta. Muri alti, di fronte la scala, bianca,
di marmo, scendeva ripida, e dal fondo una donna
saliva. Antica bellezza. Il suo occhio, sfuggente, va.

E' vestita di nero, capo chino e chiara la sua pelle.
Brucia lo sguardo suo. Doon! E' la campana, tocco
martellante, e via! Aprì le ali e una colomba volò.
Saluto fugace, il braccio, la mano, pesante, si alzò.
Poi una carezza. E un ghigno si apre sul suo volto.

La pelle di lei, pareva morbida e calda. Era al tatto
pietra. Un volto senza il sorriso, scuro e illuminato
dal sole cocente. Era di giaccio la sua pelle. Tocco
di mano, un pezzo staccò e sotto, il Bianco Teschio
svelò. Svanì. Scale, il marmo fluido i due risucchiò

Lentamente scesero. Tra tanti volti ignoti sfioravano
fantasmi di volti noti. Senza il saluto. Terra, gomma.
Il dentro è fuori. Poi verde. E nel giardino si piegava
la magnolia. I fiori profumati abbracciavano il cielo.
L' inebriante, agro-dolce, odore entrava. Ed è oscuro.

L'intorno fin oltre la fonte, uno zampillo dell'acqua
brucia. Si alza nell'aria la risata di un cane arrabbiato.
Si apre, l'arcobaleno è fuoco e le mani pesanti il viso
coprirono. Era cristallina la lacrima sul sorriso. E Irto
pelo, il cane ringhiava e la tristezza svelava. Tremore.

Poi più giù, uno dei due cade ed un gigante lo sostiene.
I gesti sono lenti, il corpo scompare, la testa è sui piedi.
Uomini assetati di niente. Distesa al sole è la donna. Era
Marja, bruciata dal tempo e dal diavolo. Pesante sforzo.
“Naufragar m'è dolce in questo mare”, disse il poeta.

Gli occhi riaprono, fu di nuovo notte. Intorno, il mare!

M.S.
© copyright2009

lunedì 26 ottobre 2009

Chell'cà teng'à rint'.








À rint'à me io nun teng'nient.
Nient'é speciale.
Niènt'é cchiù e quanto tu putia immaginar'é mé.
Rint'é mé teng'solo chéllà cà'tenan à'rint tutt'quant.
À Vita!
Chéllà passata e chellà c'addà ancora venì.

À rint' teng'ò 'bben'è ò male! Sì!
Puzzulente e prufumato. O' mare!
Teng pur'à luce cà sciuléa coppè é mur e chillu vico à rò'sò nat.
O' vico Lammatar', nu' vico stritt'è luong e vasci'à Sanità.
Teng pur'è facce rà gente.
Comm'à chillu cuoll ruoss jè ricchin e ronnà Giusuppina à Pezzecàt.

À rint' teng'é man'é patem'!
E guardav'à quent'er'criatur.
Chìat 'ncopp'ò scann, 'ntagliav ò legno, sbruvignannam tutt'é mister'
ro' polzò e dò scarpiéll. Ah! Chellì'man,
bellì'man!
Nu brutt'juòrne nà fetent'é malatìa cé ll'hà ciungàt!

À rint'à mè teng'à Pàur!
Chella nuttata! é chi si scord'cchiù.
Tenev'à pàur'è rommì'rà sul'into ò lettin. Pàtem m'aizaje 'ppe ll'arià
dicett' cà si nu'me passav', m'jettav' accopp'àbbascio. Mamma mia,
chella'nuttat!
Me facett'luvà o' viziò e fujì rint'ò lietto suoje. Ch'paur ca me mettett!
Nunn'ò guardaje rint'all'uocchié pé 'nà semmana sana.

À rint' teng'ò primm'ammor.
Ma è natur! Còse comuni!
Senz'à fà mal'à nisciun, ogni tant, quant'men mé l'aspett,
sàglie a galla.
Comm'è l'uocchije ré figljè meje o chill'rà mammà'llor.
L'uocchie ra'femmena cà mò voglio tanto ben'assaje!

À verità è ca teng'rint é me
nà strana'pucundria.
À viv'è à cerc rerennn'miez a'ggentè!
E guard' rint'alluocchj'è zittu, zitt' nun mé faccio mai fujì nient.
À rint'à mé nc'è stann cosè comme 'ttante, comun'à tuttì,
ch'àrraccontàt, cu'à parola giusta,
paran'cose prezios'è rar...

M.S.
© copyright2009




Molti di voi mi hanno chiesto una TRADUZIONE IN ITALIANO eccola qua, ma consiglio di sforzarsi a leggere comunque quella in napoletano, la cosa più importante per me è la musicalità, molto più che il raccontino:-)
Con non poco sforzo ce l'ho fatta.
Sono partito dalla traduzione fatta da Rosanna Tafanelli, che potete trovare nei commenti alla nota pubblicata sulla mia pagina su Facebook, che gentilmente ne ha fatta una, per poi scriverne una ancora più vicina all'immagine che avevo in mente quando ho scritto in napoletano.
grazie a tutti
M.S.

QUELLO CHE HO DENTRO

Dentro non ho niente.
Niente di speciale.
Niente di più di quanto tu possa immaginare di me.
Dentro di me ho solo quello che hanno dentro tutti
La Vita!
Quella passata e quella che deve ancora venire.

Dentro di me ho il bene e il male. Si!
Puzzolente e profumato. Il Mare!
Ho anche la luce che scivola sui muri di quel vicolo dove sono nato
Il vicolo Lammatari, un vicolo stretto e lungo del rione Sanità.
Ho anche le facce della gente.
Come quel collo grosso e quegli orecchini di Donna Giuseppina la Pizzicata.

Dentro ho le mani di mio padre.
Le guardavo da quand'ero bambino.
Piegato sul suo banco di falegname, intagliava il legno, svelandomi i segreti
del polso e dello scappello. Ah! Quelle mani!
belle mani!
Un brutto giorno una terribile malattia le paralizzò.

Dentro di me la Paura!
Quella notte! e chi la dimentica più.
Avevo paura di dormire da solo nel lettino. Mio padre mi sollevò per aria,
disse che se non mi passava mi avrebbe buttato giù dalla finestra.
Mamma mia, quella notte!
Mi fece togliere il vizio di dormire nel suo letto. Che paura che mi misi!
Non lo guardai negli occhi per una settimana intera.

Dentro di me c'è il mio primo amore.
Ma è natura! Cose comuni!
Senza far del male a qualcuno, ogni tanto, quando meno me l'aspetto, sale a galla.
Come gli occhi delle figlie mie o quelli della loro mamma.
Gli occhi della donna che oggi amo.

La verità è che ho dentro di me una strana melanconia.
La vivo e la cerco ridendo in mezzo alla gente,
guardandoli negli occhi, attento e in silenzio, senza farmi scappare nessun particolare.
Dentro di me ci sono cose come tante, comune a tutti
che raccontate con la parola giusta,
sembrano cose preziose e rare...

M.S.
© copyright2009

giovedì 22 ottobre 2009

Oltre la linea.














Pietre sul Mare .Napoli 1993                      foto di  Mario Scippa © copyright


Oltre la linea
Era già vecchio e guarda il vecchio che sarà. Fluttuanti onde
estranee si ripetono fra altre onde estranee, poi si infrangono
su lucidi superfici. Mille riflessi di luce e dietro c'è il vuoto.
Si aprono scenari di molte vite, vissute o solamente sognate.

Il suo corpo è solido, compatto, forte, tutto scavalcò. Lasciò
il segno dei suoi artigli sulle pietre tra le onde del mare. E' lei!
L'amavi e la tua bocca assapora il sale. Scruti, le ali spiegate,
dall'alto ascolti. Il vento di mare porta con sé il suo profumo.

Là sei nata! dove c'è sempre sole. Sola canti la tua canzone. Te,
cuore vecchio, silenzioso, sei immerso nel centro. Sì! Nel centro
della tua mente dove dalla schiuma bianca nacque la tua Venere.
Mare si infrange. Gocce riflettono l'immagine. La sua è lontano.

Persa, muta. E' una foglia tra le pagine del diario dei tuoi sogni.
Pelle e nervi, tesi. Oltre l'orizzonte il tuo pensiero copre il mare.
Sei sordo e ascolti gli scontri di acqua e di roccia. Gemiti, gatte
in calore, assetate e sole. Urli. Amplessi puri, ma mai commessi.

Scottante solitudine di un volto consumato dalla vita e dal sale.
Intento ad ascoltare la voce del mare, il suo segreto è il silenzio.
Rivelatore di verità antiche. Geometrie, perfette, si compongono
per poi dissolversi nell'aria e nella mente. E' profumo del niente.

Il vecchio, seduto, guarda il mondo. Là, oltre la linea, il suo sogno
di bambino. Una goccia nell'occhio. Il mondo, deforme, lo guarda.
Un raggio di sole. Sette colori nell'immenso azzurro. Il mare canta
la canzone del suo amore lontano. Onda estranea arriva, e va...

M.S.
© copyright2009

lunedì 19 ottobre 2009

Specchio infranto


















E' Incalzante, impercettibile, accellera , ti prende
la gola. Ritmo. Piccole son le gocce dalla fronte.
gli occhi serrati, denti stretti, pugni chiusi, corpo.
Battiti, il cuore è pulsante di amore, è impazzito.

Infinite le vie, viaggiatori solitari, sguardi dentro
sguardi. Un attimo, è l'incontro. Fugace e lontano.
Costruzioni inutili di destini segnati. La solitudine
è amara e dolente. Infinite strade, uguali e diverse.

Linfa vitale scorre con strabiliante velocità, verso
universi ignoti. Fluida, incanalata, preme con ritmo
e da senso alla materia inerte, la parete. E il pensiero?
Sprofonda nel centro dell'universo suo. Buco nero!

Risucchia umori, paure, sorrisi, poesia. E' luminoso
il mio sorriso. L'ho lasciato sul volto della giovane
donna affranta. Dolore, d'amore. La sua vita scorre,
la sua mente è ferma. Il desiderio del corpo: volare.

Mani deboli non afferrano ciò che il cuore divora.
Specchio crudele. Giorni, notti, mesi, anni, vanno
inesorabili, veloci. Il futuro è dietro di lei. Persa, tra
infiniti sentieri, cerca la luce. I suoi occhi oscurano.

Dietro torri, castelli, diroccati, dimenticati, un albero
spoglio. Ma, sotto quella arida terra, scorre il fiume?
Sì! è d'oro e ad'un tratto esplode colorando di giallo
le vie e le torri, la luce del giorno. Specchio infrange.

Mille, schegge di cristallo poi farfalle colorate, mille.
Il sorriso diventa la gioia. Cavità, colmata di preziosa
linfa vitale. Pulsante il cuore regala al suo viso colore.
Il futuro ritorna ad essere un punto lontano, invisibile.

Tra le infinite vie è la via. Ora vola inseguendo la scia
gialla, oro lucente. Rosso, è il ricordo, l'incubo, giorni
e notti sveglia. Stessa sostanza dei sogni è la sua carne
e il pensiero. L'alba, trasparente, luce al sorriso ridona.

M.S.
© copyright2009

venerdì 16 ottobre 2009

La culla delle farfalle











Pelle agitata dal vento gelido, il colore
sbiadito, sfuma la forza. E' impotente
il mio sguardo, ti segue e poi si perde,
ritrovandosi nel silenzio, giù, nel mare.

Un'acqua ghiacciata, il caldo pensiero
scioglie. Due lampi di luce, improvvisi,
violenti segni. Il suo tempo è andato.
Luce, aria, erano cibo, ora son nemici.

Pelle, ora sogni la mano calda. Ferma,
da quando nascesti la tua vita guadata:
passione, amore, dolori, piaceri e odio.
Hai danzato nel vento e farfalle cullato.

Trasparenti gocce scivolavano, labbra
del cielo sulla tua pelle, fresco mattino,
di cristallo. Il colore lento si trasforma.
Bella ancor di più, ora sei quasi sogno.

Pelle, vibra la tua, la mia mano sfiora.
Un fremito di piacere prima della fine?
Il colore tuo è nei miei occhi, da sempre.
Colore del calore, nel tempo fu tremore.

Un turbine, pura passione, agita ancora
la mia emozione. Solitaria l'immagine,
stanca, Piccola macchia, colore nel cielo
grigio. E' il tuo riflesso nei miei occhi.

Occhi verde foglia secca, tremono al vento.

M.S.
© copyright2009



sabato 10 ottobre 2009

Di nuovo giorno












Un drago, due ali e un battito, squame d'oro.
Vola intorno alla cattedrale. Si! vola sulle torri
tra trecento archi allungati. Poi sputa il rosso,
il suo vermiglio, ed è incendio. Di donne gli urli.

Brucia il trasparente castello, consumato era
dall'acqua del mare. Nel buio la luce. Bionda.
chioma,un dolce profumo di agrume acerbo
invade i suoi polmoni. Impossibile il giardino.

Esploratore di mondi ignoti, tu che cosa cerchi?
Oggetti? Quelli dimenticati negli angoli nascosti
delle torri cadute nel mare da secoli? Guarda!
riemergono a galla. Si! Son dalle alghe avvolti.

Guglia bianca, inutile forma ma di bellezza antica
che della materia si fece forza. Crolla , tra le voci
e tra mille sguardi, persa. Fiore notturno, bianchi
profumi sognati. Nel cielo, si alza tua, la musica.

Da un elmo di bronzo, occhi di guerriero guardano,
spiano. Visto? E' deforme, come la vita in un sogno,
nel pensiero e nella memoria di quello che fu.
Le parole nel sogno perdono tutti gli accenti. E tu?

T'incanti. Uno strillo profondo ti penetra. E' fremito,
e le palpebre faticano ad alzarsi. La luce, un'affilata
punta, squarcia il buio, è violenta. Grigio, si colora
dentro. Lentamente coscienza. E' di nuovo giorno.

M.S.
© copyright2009

mercoledì 7 ottobre 2009

Rosso.

















Impronte
ceramica 2009 Massimo Santamaria




Rosso

Rumori amplificati, distorti, sprofondano.
Lo spazio contrae. I colori brillano. Attesa!
Sordo con mille orecchie, mille occhi, cieco.
Il tempo è dilatato. L'implosione è violenta.

La terra mancherà? Dove affonderò le mie
mani? Ventre, sarai mangiato dalle bestie
affamate di putrida carne, che profumo era.
La tua attesa gioia, la mia dolore. Mia Terra.

Paziente, discreta, gentile. Sei Anima, mia!
I miei passi affondano, instabili. Una Goccia
pesa sul tuo viso, dal sorriso nascosta. Mia
carne! Scrivo nel pieno, e intorno il vuoto.

Materia plasmata. Mani affondano, cercano.
Impronta di dita sensibili, forma. Inerte, poi
viva in un labirinto di colori. Pulsa. invade
il mio corpo. E' nausea, il pensiero del vuoto.

Sublime luce, la tua voce. L'acqua, la vita,
io bevo alla tua fonte. Nelle tue vene Rosso!
Cerco, tra instabili equilibri, su uno stretto
sentiero del pensiero. Ci sarà l'immensità?

Ma con le tue ali volo alto, felice.

M.S.
© copyright2009

martedì 6 ottobre 2009

Carezza stanca




















Linea sottile, tra il noto e l'ignoto, è il mondo
dove la materia è lontana e le anime si toccano.
Universo riflesso, spazio e sogno immaginato.
E' tutt'uno? simile, anzi uguale. Ma no, diverso!

Universo di un altro tempo, sconosciuto. Urli
desideri, sogni, silenzi, incontri di luce. Il buio,
sguardi, contatti. La memoria dell'acqua parlò:
era un ombra, vagamente conosciuta nell'ignoto.

Piccola, fugace, apparizione nella mente. Potente
faro, squarciò la nebbia di notte. Le terre smarrite.
In quale universo eri? Verso quale universo vai?
I tuoi lucidi occhi, sono dentro di me. Li conosco!

Stella spenta, quanti milioni di anni fa sei partita
per arrivare a me? brilli nel buio interminabile
del tuo infinito essere. Il tuo fuoco è spento già,
Luce! e i tuoi desideri sono ancora da realizzare.

Ombra, sei una carezza stanca di te. Vai solitaria,
valichi il confine tra il noto e l'ignoto. Tu, anima
smarrita negli infiniti universi tuoi. Piano, debole
ritorna la luce nel profondo mio buio. Son carezze.

Confuso il riflesso da di me l'immagine tua. E tu,
l'infinito tuo sorriso, il mio smarrimento, sei gioia.
Luce di stella, lontana nel tempo, brilli sognando
la tua rinascita, illuminando d'oro l'oceano mare.

M.S.
© copyright2009

lunedì 5 ottobre 2009

Tempo venduto




















Interminabile la coda, affamati di niente.
Numeri le date. Son sovrapposti i rumori,
confusi compratori delle cose dimenticate.
I cristalli infranti sono schegge dei cuori.

Silenziose le scoperte, rumorosi i passaggi.
Insensate pietre si incastrano, improbabili.
Galleggiano sulla nebbia ortogonali ordini.
Luce e colori offuscati dal buio inghiottiti.

Nero, bianco. Viaggiano velocissimi ricordi,
neurone nella mente. Senza lancette, misura
un orologio, l'infinito. Piccoli, delicati occhi
chiusi. Gli antichi, giochi che furono, sogna.
Stanchi o dolenti, felici, soli, luce aspettano
calore del liscio palmo della calda mano tesa.
Scrive la luce e le labili armornie si formano
per poi dissolversi. Informi, strutture assenti.

Ricordo di un castello diroccato. Tonfo remoto
un veliero disabitato. Nel libro odore di muffa,
dimenticato. Anima cieca, tu, amante! davanti
al baule cerchi, ventiquattro chiavi perse. Oblio,
tempo venduto.

M.S.
© copyright2009

domenica 27 settembre 2009

Complice.

Parole nude, affiorono dal profondo, inutili.
Le farfalle volano cercando cristalli nei sogni,
e le fiamme nella foresta bruciano ali e tempi.
Barbari, mercenari, cannibali, preti e profeti.

Forma assente, vuoto, nella mente dilaga follia.
Silenzi assordanti sfondano i timpani, campane
di bronzo fuso dal fuoco dell'inutile guerra.
Nella mente specchi, pensieri brucianti di rabbie.

Poeta, taci? tu non puoi! la tua è Poesia. Illusione
e paura mia, riflessi muti su pareti di gomma. L'orrore
invade il mondo; potenti, bellezze, orchi, del pudore
divoratori. Striscia, tranquilla, languida, la parola vestita.

Piccoli fiori senza più petali. Fragile gazzella, pelle
consumata dagli sguardi assetati di affamati leoni.
Il mondo guarda, il mondo sa, è complice e tace.
Vendute, le vendono morte nell'anima. Ed io, poeta?

Complice!

M.S.
© copyright2009

giovedì 24 settembre 2009

Anima muta


























Castelli di niente alzati al vento. Strutture
assenti, vuoti. Sei solo, povero costruttore,
Narciso, mostri a tutti le tue anime smarrite,
svuotate di ogni forma e luce, Perché?

Gli antichi creavano complessità, forma,
dalla semplicità. E tu, dove vai? Inchinati
umile! Muse nel buio. Echi, in te, lontani.
La stella brillante è nel centro dell'anima.

Nel gelido silenzio, immobile, nella notte
mia, osservo da lontano senza più parlare.
Da una bolla, nell'infinito, io sono nullità.
Parole inutili, che altri chiamano poesie.

Fango. Melmoso, mieloso, appiccicoso,
Pie, vergini bianche, spalmate di grigio.
Lacrime tagliano maschere di ambiguità.
Abile poeta! o solo povero. La Pietra è
ormai offesa.

E fu solo linguaggio. Un tocco inutile
di colore ad un'informe e labile parete.
Ma dov'è quell'infinito in cui naufragare?
Dov'è finito se non nell'anima mia, muta?

M.S.
© copyright2009



ALMA MUDA...




Castillos de la anda alzados al viento, Estructuras ausentes, vacias.
Estas solo, pobre constructor. Narciso, muestra a todos tu alma
estropeada, vacíate de toda forma y luz. Porque?
Los antiguos creaban complejidad, una forma de la simpleza,

Y tu donde vas? Humilde rabioso! Musa de la obscuridad, Asi, contigo, lejano.

La estrella brillante en el centro del alma.
En el frio silencio, inmovil en mi noche, observo desde lejos sin hablar.
desde una burbuja, en el infinito, y soy una nulidad.
Palabras inútiles, aquello que otros llaman poesia.

Fango, barroso, pegajoso, meloso,
Pie, virgen blanca sacudete el gris
las lagrimas tallan mascaras de ambiguedad,
poeta habil! o solo pobre, la piedra se ha ofendido

Y era solo lenguaje, una patina inutil
de colores y un informe sobre paredes fragiles
Pero donde esta ese infinito en el cual naufragar?
Donde se ha terminado si no es en mi alma, muda?

M.S.

traduccion, Andres Alarcon
© copyright2009

mercoledì 23 settembre 2009

32) Pietra


















E sempre ritorni. Arricchita, eterna forma
bloccata dal tempo nel castello. Giardini
ed infinite prigioni. Hai attraversato deserti,
e scintillanti fuochi illuminano i tuoi profili.

Pietra, tra infinite t'ho smarrita, poi trovata.
Dentro ogni dove t'ho cercata, poi levigata,
lustrata. Nell'anima un segreto: la bellezza.
Della natura raro gioiello: la materia grezza.

Piccola, preziosa, nella mano. La mia vista
stordita dalla tua luce. Sei canto che incanta.
Soave. Il tuo volto è un colorato universo,
Gioiello prezioso, cristallo, turchese e rosa.

Melodie si sono affacciate alla mia anima.
I miei occhi ti hanno toccato, la mia bocca
ha distinto il tuo delizioso profumo di rosa
ha assaporato dolcezza, silenziosa musica.

M.S.
© copyright2009

lunedì 21 settembre 2009

31) L'ILLUSIONISTA. Breve storia del GIOCO DELLA PAROLA.


L'illusionista è una raccolta di poesie e piccoli testi, nati con un gioco che mi sono inventato su internet, sul popolare network facebook.


Una sera d'Agosto stavo scrivendo un piccolo testo e, allo stesso tempo, ero in contatto con alcuni amici in linea su facebook. Il testo era ispirato al famoso mito della Medusa, figura mitologica che chiunque la guarda negli occhi ne rimane pietrificato. Avevo nella mia mente una chiara immagine, ma non trovavo le parole per poterla trasferire in frasi scritte. Allora l'idea di coinvolgere i mie contatti. Scrissi la parola “bolla” e chiesi loro quale era la prima immagine che gli veniva in mente leggendola.
La risposta fu pronta, appassionata, divertita e inaspettata: decine e decine di persone all'istante risposero descrivendo la propria immagine mentale che si formava leggendo la parola “bolla”.
Per organizzare la mia idea insieme alle immagini e parole singole che man mano arrivavano sia direttamente dalla mia fantasia, che dal web, da tutte quelle persone in linea, pensai ad una struttura rigida di componimento, ad un sonetto composto da due quartine e due terzine. In tal modo potevo concentrarmi solo sulle immagini parziali e quella finale, e non tanto sulla composizione.
Il risultato finale, la forma finale, mi sorprese, mi divertì e mi affascinò.
Nacque un sonetto dal titolo“Luminosa trasparenza” . Il primo di una lunga serie di piccoli scritti. Lo pubblicai.
Il giorno dopo ci ritornai, azzardai un'opera di “destrutturazione del sonetto”. In sostanza lavorai sulla struttura smontandola al fine di rendere meno rigida la forma, più leggera. Del sonetto iniziale non rimase che una vaga e trasparente struttura invisibile che reggeva la forma che io avevo in mente. Trasformai il titolo in “Luminuse trasparenze” per distinguerlo dalla prima. Mi piaceva dare, insieme alle immagini, anche una chiave di lettura sul mio modo di comporre, che per me è un momento fondamentale nella realizzazione di una poesia: il modo di comporre, di mettere insieme parole e frasi che esprimono immagini, condiziona e trasforma l'evocazione dell'immagine iniziale, la struttura è ciò che regge la forma, la costruzione della struttura è il momento in cui si realizza la poesia. Volevo rendere partecipi i miei contatti anche sulla realizzazione del testo.
Avevo trovato un sistema di lavoro per poter mettere insieme in versi tante immagini che avevo nella mente. Sia la prima versione che la seconda ebbero grandi apprezzamenti, le persone che, divertiti, avevano partecipato, apprezzavano la poesia dimostravano anche felicità nel ritrovare una propria immagine scaturita dalla parola “bolle”, perfettamente incastrata in altre immagini sia mie che di altri partecipanti.
Diedi appuntamento ai miei contatti per le sere successive. Nacque Il “Gioco della Parola”.
Ogni sera un appuntamento fisso con la parola, un gioco che esso stesso, via via, diventa poesia. Per circa quarantacinque sere consecutive ho giocato insieme ad una trentina di amici, partecipanti fissi, più tanti altri contatti, con le parole: una mia immagine, una parola chiave presentata ai contatti, pronte risposte che modificavano o formalizzavano la mia immagine rendendola viva. Il risultato finale di questo “gioco”sono trentasette piccoli scritti divisi per blocchi di immagini.

La prima parte è composta da 14 piccoli scritti: “Trasparenze” . Ognuno di questi quattordici scritti è un frammento di qualcosa che mi circondava nella vita reale in quei momenti: frammenti di attualità, vissuti o solo episodi letti sul web, storie di attualità entrati dentro di me attraverso la navigazione in rete in quelle sere.
Poi un cambiamento improvviso di rotta. Una forma, che si faceva largo nella mia mente, leggermente diversa da quella espressa fino a quel momento, fa cambiare la mia organizzazione di quelle immagini.
Scrivo un piccolissimo racconto, molto breve, una sorta di narrazione in prosa e non in versi.
"Capo Colonna". La messa in forma di ricordi, confusi a sogni e alla mia immaginazione, trasformata dalle immagini dei contatti che rispondevano alla parola “Colonna”.
Quella sera fu una sorta di punto e a capo. Una riorganizzazione dei pensieri. Scesero in campo i sogni, la fantasia, mi stavo ormai allontanando dall'attualità come stimolo creativo per narrare. In quel momento desideravo solo costruire un'immagine pura, una forma pulita di ogni cosa che poteva avere riferimento con l'attuale.
Un mio bisogno che si faceva sentire sempre più forte in me in quelle sere era di affrontare temi grossi, profondi, ma avevo timore di non riuscirci, o, peggio ancora, di poter stancare e suscitare noia nei miei interlocutori: la maggior parte di loro veniva su facebook la sera per rilassarsi e non pensare a niente.

Ma, nonostante questi miei timori, ci provai.
Iniziai con i quattro elementi fondamentali e proposi, una alla volta, le seguenti parole:
Terra, Aria, Fuoco, Acqua.
La risposta dei miei amici, anche questa volta, di volta in volta, per ogni elemento proposto, fu, inaspettatamente, pronta, coinvolgente e appassionata.
Fui veramente felice, continuai nelle sere successive a proporre il mio gioco della parola, e ogni volta realizzavo un piccolo testo che liberava una forma che da tempo era bloccata dentro di me.
Da quelle immagini, rispettivamente per ogni parola che si riferiva al singolo elemento fondamentale, realizzai quattro piccoli testi:
Madre, L'ora, La danza delle scintille e Fluida spirale.

Dopo questi quattro pezzi ci fu un cambiamento straordinario nel mio modo di interpretare questo gioco: per me non era più un gioco, stava diventando sempre di più una vera operazione letteraria, poetica, stava diventando sempre di più l'organizzazione formale di un'idea.
Avevo un'idea dentro di me, già formata, voleva ormai uscire, farsi vedere: voleva avere una forma chiara e leggibile.
La mia mente si affollava di immagini, ricordi, pensieri che volevano essere con forza trasformati in parole scritte. Mi sentii leggermente smarrito da questa sensazione.
Questa volta, senza indicare alcuna parola agli amici e chiedere una immagine corrispondente, scrissi un altro piccolo testo “Toglietemi gli specchi”.
Una riflessione fantastica sul mio mondo interiore di quel momento, dove si rifettevano le immagini che ricevo dall'esterno e quelle che arrivano dal passato e dai sogni, confondendosi nel divenire del tempo.

Dopo questo testo riprende il gioco della parola e nasce il terzo blocco di 17 poesie, ispirate al “Silenzio”.
La prima, per me molto importante, è “Stanza”.

Ormai la mia idea di forma, di poesia che volevo scrivere, era chiara in me: doveva avere confini flessibili, vaghi, plasmabili, un po' come la musica. Potenzialmente si doveva adattare a qualsiasi spazio mentale. Un po' come l'acqua. Per questi 17 pezzi ho usato sia il verso in rima che il verso libero, e sono sempre partito da una struttura bloccata per poi smontarla, liberando la forma e alleggerirla.
In quei momenti ero concentrato sulle immagini evocate dalle parole, la concatenazione tra loro che evoca altre immagini ancora, sulla forma che dovevano percepire i miei contatti e su null'altro.
In genere io amo l'indeterminatezza, il non finito, il vago. I miei sforzi compositivi in quelle sere e in quei giorni -perché di sforzi si tratta e non di illuminazioni creative- li facevo affinché il lettore poteva trovarci ciò che voleva: l'immagine, anzi le immagini proposte, mi sforzavo di non bloccarle in una forma conclusa anche a scapito di un senso logico della composizione.
Una volta finito un testo, e leggevo che non appariva chiaramente un senso logico nella forma di ciò che avevo appena scritto, tra me e me, mi dicevo: -ma poi chi ha detto che una poesia deve avere un "senso logico" mica è un saggio, o un articolo di cronaca?
Me lo sono detto ogni volta che dovevo pubblicare uno di questi 17 pezzi, ma poi, puntualmente, l'ho pubblicato.
“Stanza” è la messa in forma di quel mio stato mentale di quelle sera, le decisioni da prendere affinché una forma abbia un senso anche senza raccontare alcun fatto logico.

Una mia amica di facebook, che ha partecipato attivamente a questo gioco della parola, Marianna Micheluzzi, in uno dei suoi commenti a proposito di “Stanza” scrive: “Ognuno di noi è in quella stanza. Quella stanza è la vita, il vivere, il nostro vivere. 'Porte' e 'orizzonte bloccato' sono parole chiave, che denunciano tutta l'angoscia di chi faticosamente ora dopo ora (24 porte) prova ad aprirle quelle porte. Però gli 'antichi Muratori' sono implacabili nel portare avanti la propria opera e la sfida continua. Si ripete.”
Ed era proprio così! alla fine penetravo mentalmente in una di quelle porte perdendomi, e ritrovandomi, in un mondo di silenzi. Con le parole non avevo altro interesse che dar forma ai sentimenti universali così come li avevo vissuti, li vivo o li vorrei vivere io. I temi affrontati in questo terzo blocco sono stati. il tempo, l'amore, la vita, la morte, la solitudine, l'anima.
Ma non solo, ero anche affascinato dalla bellezza di un fondamentale elemento dell'uomo, quella meravigliosa attrezzatura che ognuno di noi ha a disposizione dalla natura e che mette in relazione il nostro cuore e la nostra mente con l'universo: i cinque sensi. In ognuno di questi testi , c'è sempre l'uomo che attraverso i suoi sensi mette in relazione la propria mente, il proprio cuore, l'anima, con l'universo.

Dopo questa meravigliosa avventura, in una mail, un mio contatto, la mia amica RosaAnna Pironti, mi scrive una lunga lettera facendo delle acute osservazioni su alcuni dei miei scritti. Chiude la lettera con una frase che si imprime nella mia mente. La lettera si chiudeva testualmente così:
"[...]Istintivamente, mi piace, a parte Apollo e Dafne, la trovo di una forte sensualità di carattere maschile. Ci pensavo oggi, sei un affabulatore."
Usa la parola “affabulatore”. Una parola, la parola che stavo cercando.
Lessi quella lettera, risposi, senza accennare a quella parola che si stava conficcando dentro di me, non senza provocare una sorta di dolore.

Affabulatore.
Subito pensai all'accezione negativa del termine, di essere stato frainteso, che stessi tramando qualcosa coinvolgendoli in quel gioco.
Poi, come sono abituato a fare, cercai di ribaltare la situazione e osservai quella parola da tutti i punti di vista possibili e impossibili: cercai di comprendere quanti significati semantici poteva evocare.
Affabulatore, tra i tanti mi piaceva quello che esprimeva il carattere di chi riusciva a raccontare la vita attraverso la “fabula”. Si! mi affascinava l'idea del narratore di favole, del costruttore di immagini, di illusioni.
L'illusionista.
 
M.S.
© copyright2009

venerdì 18 settembre 2009

30) L'illusionista




















Veniva dal mare, quando pensava
nel mare tornava. Pietre invisibili
con sottili e misteriosi fili le infilava.
Vecchio, di un giovane uomo, occhi.

Lo sguardo, dove il cielo si fa mare.
La sua vita, per terre ignote vagava.
La sua voce, scolpiva indefinite forme,
profondo era il pensiero e il respiro.

Raccontava dei dolori e degli amori,
dei suoi illimitati viaggi, raccontava
incubi, desideri, passioni, urli. Sogni
mai sognati, illusioni. Lui stesso credeva.

Fermo in un punto, immerso nell'universo,
il silenzio era il suo migliore amico,
la pietra la sua fedele compagna, il filo,
sconosciuto filo, li teneva insieme.

Gioielli fantastici e rari, invisibili
per tanti, ma non per lui.

M.S.
© copyright2009

giovedì 17 settembre 2009

29) Vento caldo




















Si alzò forte, caldo e delicato, un soffio,
sfiorò una superficie preziosa e vellutata,
ora con solchi scolpiti dal tempo e infinite
e assetate bocche. Incontro di forme, aderenze.

Vento caldo del deserto, con sé polvere
d'oro, attraversò sogni, passioni, desideri
e ricordi. Specchio di ghiaccio e fuochi
Umida la sua aria, arido il suo cuore.

Brivido, di passione o di paura? Bambino! il sogno
ha inizio dove non arriva la parola. Il magma
ghiacciato, dove la sua canzone d'amore cantò,
era un raggio riflesso di infiniti universi, la brezza.

Uno scatto, potente gesto felino, l'incontro
di calde apparenze. Forma perfetta, contiguità,
spazio infinito. Splendore della passione,
musica e movimento. La prima carezza.

E Apollo, Dio della poesia, di Dafne
solo una foglia toccò.

M.S.
© copyright2009

mercoledì 16 settembre 2009

28) La nuvola e il cigno










Di una mattina, che alba fu,
c'era un cigno e una nuvola.
Uno sguardo, una parola,
un tocco di mano e il gioco andò.

Si ritrovarono in un sogno
nello stesso labirinto.
L'orizzonte era scomparso
e negli occhi carezze e balocchi.

Un pezzo di legno, due punte
e un bastone. Un colpo e felici,
Di lui, la voce di lei, parole
segrete dentro il sorriso.

Morbida nuvola, nel suo specchio
il giovane gigno. E' una farfalla,
una carezza il suo desiderio.
Ma non sa come si fa.

Lascia stare il tuo pensiero,
la sintassi e il non senso,
fai volar la fantasia
con la mente e la poesia.

Gira forte, bimba mia,
dentro il cerchio della gioia,
Gira forte bianco cigno,
con le mani parli e canti.

Nuvola,è la forma tua, la via
è la parola.
Se l'accosti a quella giusta
viene fuori la meraviglia.

Mutevole materia
quante notti sono entrate
nel tuo sogno
che l'oblio porta via?

La tua pelle ormai cadente
era fresca e seducente
una lacrima sul volto
bagna il becco del tuo cigno.

Il suo sguardo, la sua mano
le parole, ti ridanno l'allegria.
Son tante, belle e brutte,
poi finisce, tuttavia.

M.S.
© copyright2009

27) Una poesia che nasce
















Chiudo gli occhi, un'immagine, li riapro. Un verso.
Richiudo gli occhi, si affaccia, chiara
nitida, una immagine nuova.
Li riapro, nuovo verso.

Veloce, li trasferisco sulla tastiera.
Poi ancora, ancora e ancora immagini
una pioggia, dentro di me.
Quattro piccole frasi, punto. Daccapo. Pausa breve.

Altre quattro piccole frasi, punto, daccapo.
Una pausa più lunga.
Quasi il doppio di quella precedente.
Poi, tre piccole frasi, punto. Daccapo. Pausa.

Tre piccole frasi ancora,
brevi, ancor più veloci,
musicalmente una fuga. Separate da un punto.
Pausa breve. Poi punto, daccapo.

Pausa lunga. Tre volte la prima.
Ultime due piccole velocissime frasi punto. Daccapo.
Senza soluzione di continuità la firma punto.

Ultima, lunga, pausa.
Alzo gli occhi dalla tastiera, soddisfatto, mi bruciano.
Un lungo respiro, un'altra poesia.

M.S.
© copyright2009

26) Toglietemi gli specchi


Toglietemi gli specchi che moltiplicano il dolore e tornerò ad essere me stesso.
La luce cruda dell'alba mi sveglierà, vedrò forse più chiaro.
Lei. il volto illuminato dalla luce della luna, bianche tende di seta. Occhi socchiusi, stanchi, piacere di una notte.
In silenzio i suoi occhi viaggiavano su quel volto rilassato e sazio.
Abbassò lo suardo, sorpresa e sottomessa da quella rivelazione, girandosi disse:
-ma noi siamo nel presente, o voi siete sempre stato? -
Un leggero scatto delle pupille. Cercò con gli occhi le sigarette sul comodino. Trovò il pacchetto, lentamente ne estrasse una, l'accese. In silenzio, inseguendo con lo sguardo la prima nuvola di fumo, aggiunse:
-non possiamo saperlo e, forse, ne voi ne io potremmo mai sapere-
-Voi dite? Ma forse voi sapete.-
-Non so dove siete, mi sforzo di immaginarlo, ma è impresa ardua. Potevate essere ovunque e in nessun posto, nel passato più antico, oppure non siete ancora nato.-
Allargò le braccia il suo corpo era chiaro, il suo seno piccolo e aprendo la bocca ancora rossa di piacere esclamò: -ho voglia di caffè! -. Si stava per alzare, e lui delicatamente, con decisione, la prese per un braccio: -voi dove siete stata finora?-
-non è importante il dove, ma il perchè-  Seduta, nuda, sul bordo del letto, volgendogli le spalle, di fronte ad uno specchio dal quale lui seguiva le dolci linee disegnate dalle sue lunghe e affusolate mani mentre parlava, aggiunse:
-Ero in balia di una tempesta, tra morti annegati ed anime salvate, io stessa ero morta annegata e voi mi salvaste porgendomi la mano. La luce della luna nell'oscurità delle tenebre rischiarò l'indefinito vostro profilo, uno specchio per me. Il mio cuore ritornò a battere e il mio respiro ad ansimare. Ero una morta annegata, sono un'anima salvata e sarò tra i vostri ricordi, forse, quando voi stesso non siate più che un ricordo.-

M.S.
© copyright2009

25) Arco spezzato













Frecce, nella memoria, fuochi,
angelo ribelle, occhi color di more,
le ali, un peso. Il volo, l'amore
città deserta dai mille volti stanchi.

Nubi, cieli rossi, colonne, antichi templi bianchi
scale, archi rampanti dall'infinito al mare.
Le frecce son sette, ma eran di un colore.
Istante felice nel cielo grigio. Per chi?

Illusione, perduta insieme alle tue ali. Il futuro, fanciullo divino,
aspetta, senza più arco né frecce, a piedi nudi il tuo cammino,
nel campo di viole, in un oceano infinito, salvasti il tuo delfino.

Scivola tempo. Acqua del solitario sogno
brucia, il giovane corpo andato. Arco spezzato,
al canto della sirena. Ali, che volare più non sanno.

M.S.
© copyright2009

24) L'infinita attesa.














Vana volontà di movimento, cristalli di ghiaccio
si formavano per poi dissolversi nel torrido deserto.
Inferno, tra fiamme eterne, occhi azzurri,
indefinito sguardo, di un delfino il tuo canto.

Anima ghiacciata, amore negato.
Dal ghiaccio eterno, dei freddi mari del Nord,
lamento di una balena innamorata. Vive
il tuo cuore, devastato dagli sbalzi, l'infinita attesa.

Uomo di mare, cuore caldo, appassionato,
dentro il tango, rosso il tuo colore.
Ogni tuo gesto era passione, la mano cantava,
canzoni d'amore, quando l'alzavi.

I tuoi occhi, irrangiungibili cristalli di ghiaccio.
Colpito dentro, ferito a morte, cuore aspetta, dolente e stanco.
In te, fumo che evaporando sale, solo ferite scottanti di ghiaccio,
bollente il tuo sudore gronda, al pensiero di lei.

M.S.
© copyright2009

lunedì 14 settembre 2009

23) L'antico custode
















Luminoso, quadrato spazio circolare.
Immobile. I suoi abitanti gli odori.
Confuse nel silenzio, senza colori,
piegate e sole, tre macchie nere.

L'orchidea è stanca. Dov'è il mare?
Bambino, giovane, soldato, anziana donna,
dal volto segnato. Voci, silenziose.
Prorompente sguardo fiero di esser stato.

Penetrante, sei il profumo della fine,
il silenzio è del tempo testimone.
Ormai infinito, soffocante.
Della vita sei l'odore, nella mente.

L'erba, dal temporale estivo, vestita.
Passioni, sogni, desideri, paure, incubi,
menta e aceto, invidie e frutta fresca, cannella.
Acre, fresca la terra bagnata dalla pioggia.

La prima carezza, suo figlio appena nato,
poi il caldo ventre del suo primo amore.
Ogni volta la prima volta. Amore vissuto,
sognato, tradito, annullato dal tempo. La pelle.

Sudore, colori scintillanti, una goccia,
mistero, il tempo e l'oblio, un'anima sola.
Tutto tace, tutto è fermo. Orchidea rosa,
nella mia aria affonda la sua tagliente lama.

E di fango si sporca il mio fiato.

M.S.
© copyright2009

domenica 13 settembre 2009

22) Follia danzante













Punti confusi, brulicano. Vociare,
di una folla, arena della vita e mito.
Indefinita spirale, dove ogni punto
è centro, ogni centro una spirale.

Volti, occhi, persi nel tuo occhio.
Bagagli, antiche memorie, trascinati
suono di un valzer. Ballerino solitario
piuma, idea invisibile tra i tanti.

Perso,tra fili ingarbugliati, in te
geometrie perfette, impossibile ordine.
Universi, sotto il tuo piede, scivolano.

Invisibile spirale, dai miti o dai sogni tracciata,
lastra di ghiaccio, la tua danza è segnata.
Punto, linea, superfice, spazio.

Improbabile ordine tra la solitaria folla.
La tua danza.

M.S.
© copyright2009

21) Assassina galante









Arena di ghiaccio. Elegante signora
nera danza col cavaliere del popolo.
Lastra di sogni, striscia di rosso,
carne, piaceri, lama di luce, istante.

Paura bianca, potente, assassina galante.
anima, buio dentro di te. Urla il corpo
lame, luminosi e taglienti, trafiggono.
Uccide, danza e gioisce, scia tagliente.

Stella che cadi, la luce scava il buio,
roccia il tuo cuore. Per la lama burro.
Assassina, bianca, tagliente, per tanti mito.

Notti illuminate, i tuoi sogni, volano,
calore del volto andato, tesa è la mano.
Stemperato colore del cielo.

Occhi
verde, foglia secca.

M.S.
© copyright2009

20) Cerchio infinito.



















Cavaliere fanciullo, l'ora si avvicina.
Libera l'amore in nome della tua dama.
Vivo sei! Nel petto incalzanti ritmi,
calore al volto, sudore alle mani.

Saltimbanchi, menestrelli, un clown piangente. Musica
antica, profumo di mela, promessa per te brusca,
spalancate le porte son del mondo dei sogni,
incontro, velo di zucchero, occhi negli occhi.

La dama è incantata. Forza, sbriglia il cavallo!
tira la corda e via. Risata folle.
Lentamente gira, cavallino bianco.

Sella rossa, gualdrappa di colori fulgenti, sono
i colori del suo cavaliere. Nella mischia risponde,
felice, destriero saltelli, tenendo il galoppo.

D'improvviso tutto si blocca.
Rossa è la bocca.

Gli occhi son chiusi, ansimanti i respiri,
di labbra tocchi veloci, sconosciuti i sapori.

Punto, cerchio infinito.

M.S.
© copyright2009

19) Capo Colonna

















Costoni d'argilla, antica. Anonime villette, si scioglievano nel mare cristallino e salato. Sole cocente, pasta salata di sardella, pizza alla diavola, peperoncino e vino rosso. Una silenziosa sagoma umana controllava da lontano.

Di notte il silenzio era rotto dal fragore delle onde sul costone. Sfrecciava, nel campo di grano, un'auto rossa. Due giovani amici, felici. Le piante alte, bruciate dal sole delimitavano la stretta strada. Velocità. Al loro passaggio, proiettata dai fari, una lunga pennellata di luce copriva la debole e incerta luce della luna. Le piante sembravano affacciarsi, urlare, guardare, toccare. Le foglie mani, i fiori volti, si formavano per poi dissolversi, nel buio, in niente. Sterminato capo di grano di notte, vivo, silenzioso campo di grano dalla luce tagliato. La musica, forte, ritmata, copriva il fruscio, le risate, il silenzio. Uno slargo imprevisto.
Improvviso precipizio sul mare. Capo Colonna. Luogo antico, vissuto da miti e leggende.
Spensero i fari, e la radio. Il silenzio prepotentemente prende forma. Piccoli passi, sul bordo dei pensieri galleggianti. Occhi persi nella notte.Sul nero, lunga ombra nera.
Colonna antica, al centro di quel centro nero. I passi lenti misuravano il silenzio. Si fermarono sul bordo.
Gli occhi si sforzavano di trovare l'orizzonte. Cielo nero, mare nero. Ombra nera. La luna bianca, un foro nel buio verso l'infinito.
Improvviso nitrito di cavallo infuriato, galoppa, sbuffando, verso di loro.
Una donna di antiche fattezze. Capelli lunghi, neri e svolazzanti al vento, viso luminoso e chiaro. Bocca rossa, carnosa e bella. Corazza di metallo lucente come l'oro. Una mezza luna d'oro e d'argento brillava dai sui neri cappelli. Una mano le briglie, l'altra una spada. Tra sbuffi e frenetico sclapitare il cavallo avanzò.
La luna. La colonna, il cavallo, la donna. Parlò.
-Finalmente vi trovo. Voi due siete i miei pensieri di quando fui giovane e bella. Ero convinta di poter far tutto e tutto facevo. Poi rimasi sola a guardare il mare, ferma di notte e agitata di giorno. Dopo aver viaggiato per l'eternità eccomi a voi. Vi ho ritrovato finalmente dentro l'ombra di una colonna, miei cari e dolci pensieri.-
Femmina dalla metallica corazza, tempesta violenta, arrivava lontano dal tempo e dal mondo.
La donna, il cavallo, la colonna, la luna. Il campo di grano.
Pensieri vaganti, informi spazi senza confine, parole antiche e segni indistinti. Silenzi assordanti che nascondevano urli di lupi affamati di verità nascoste. Mani bianche, vellutate e lunghe, stringevano la spada che squarciava vivi i cuori. Arrivavano versi, lontani, da dentro. Mentre la luce della luna rischiarava debolmente il bianco marmoreo della colonna.

M.S.
© copyright2009

18) Senza senso















Distante, tra profumati gigli, inaccesibile
giardino d'inverno. Parole mute
sfioravano la pelle. Brivido.
Una certezza, tregua, non è niente.

Freddo dal Nord. Vento che fischia,
labirinto senza pudore. Vertiginoso
vuoto, burrone senza fine, ingoia
pantere affamate di carne.

Forma, profumo di vaniglia, intuizione.
La mano scivola. Schiena, vellutata
pelle, nascosta dall'alito del pensiero.
Il ghiaccio fonde, il sangue pulsa.

Negli occhi universi di ragioni,
risucchiati dal vortice di passione.
La mano sfiora il corpo. Debole,
sfocata immagine dal sogno, sorge.

Luce senza colori.
M.S.
© copyright2009


giovedì 10 settembre 2009

17) Parole nel silenzio.













Profumo di fiori, di seta, vento,
notte, desiderio. Realtà o fantasia?
Universi. Amore cieco,
nel silenzio vive e tutto tace.

Corpi, mani, labbra, seni, braccia,
piedi, sogni, desideri, passione, vita
sola. Occhi chiusi, colori stinti, memoria.
Cracidano le rane impazzite rincorrono la scia.

Labirintica si intreccia una scala
nei pensieri, una mano taglia il buio.
Sogno, al di la del mare vivi , silenzioso
nascondi il tuo segreto.

Volti, nel rumore confusi, sovrapposti. Pioggia
battente. Parole consumate si affollano,
flebili e costanti, perdendosi. Poi
patapuffete! Un tuono, le cicale zittiscono.

Momentaneo silenzio, squarciato da un suono
emerso dal profondo. Anima cruda, urlo nel cielo.
Mano tremante, anima lontana, scivola
sul volto un alito caldo.

Vento di agosto, figura di tango, paso lento,
mano nel fianco stringe, parla. Si incontrano
là! dove non è mai notte;
là! dove non è mai giorno.

M.S.
© copyright2009

16) Indefiniti riflessi




















Sguardi penetranti, indifferenti si perdono,
riflessi nel vuoto, sospesi
nel campo segnato dal tempo
una lacrima. Sconosciuta identità.

Bianco cereo, sulla fronte antichi riflessi
di spine. Sulla pelle solchi profondi.
Sogni, desideri, incubi,
passioni, amori, musiche.

Maschera di vecchio, rosso fuoco,
anima giovane, goccia di mare,
tra le infinite gocce, sei vita.
Su un foglio una traccia, scivoli via.

Sfumata disegna la storia. Specchi neri,
limpido riflesso di superfici invalicabili,
tutto rimbalza assorbito dal mare.
Paesi lontani. Incontri nel tempo.

Era bambino vecchio,
vecchio bambino. Poi anima viva.
Scritta con la luce, istante,
eterno riflesso di ciò che era.

M.S.
© copyright2009