sabato 31 ottobre 2009

Il sogno di due naufraghi
















Il sogno di due naufraghi

Il suo nome era Marja. Era del diavolo. Scura
lattiginosa, un odore acro, penetrante e forte.
Il mare se la portò. Erano con luce gli occhi
suoi azzurri, stanchi, speravano oltre la linea.
Cercava il bianco, arrivò il fuoco e fu rosso.

Sembrava pura, era solo una amica lontano.
Si alza deciso il fuoco nel cielo, nell'azzurro,
non ho paura. Si! In alto c'è del Fumo. Ma no!
è solo una nuvola. Lento era il ritmo, il tocco
della campana. Era il corpo del tempo. Dooon.

Fascio di luce stridente di dolore. Volto noto,
antico, esce. Dal bianco cielo dentro la mente.
Dall'acqua leggerezza, lenta, sale. Poi il vuoto.
Raggiunge l'anima. Fu altro, il tempo sognato
vola, perso. Mentre sprofonda da lei il ricordo.

Erano da soli, iniziò il viaggiò, la Paura con loro.
Le guance arrossate, occhi spenti: è vita o amore?
Un leggero brivido sulla la pelle. L'Anima tremò.
Freddo non era, caldo nemmeno. Squillanti e vivi,
i colori, suoni con l'eco. Tremarono le ali spezzate.

Con sforzo, si alzò. Andarono, per vuoti corridoi.
Sopra il cielo, si intrecciavano uguali. Negli occhi
nessuna porta. Muri alti, di fronte la scala, bianca,
di marmo, scendeva ripida, e dal fondo una donna
saliva. Antica bellezza. Il suo occhio, sfuggente, va.

E' vestita di nero, capo chino e chiara la sua pelle.
Brucia lo sguardo suo. Doon! E' la campana, tocco
martellante, e via! Aprì le ali e una colomba volò.
Saluto fugace, il braccio, la mano, pesante, si alzò.
Poi una carezza. E un ghigno si apre sul suo volto.

La pelle di lei, pareva morbida e calda. Era al tatto
pietra. Un volto senza il sorriso, scuro e illuminato
dal sole cocente. Era di giaccio la sua pelle. Tocco
di mano, un pezzo staccò e sotto, il Bianco Teschio
svelò. Svanì. Scale, il marmo fluido i due risucchiò

Lentamente scesero. Tra tanti volti ignoti sfioravano
fantasmi di volti noti. Senza il saluto. Terra, gomma.
Il dentro è fuori. Poi verde. E nel giardino si piegava
la magnolia. I fiori profumati abbracciavano il cielo.
L' inebriante, agro-dolce, odore entrava. Ed è oscuro.

L'intorno fin oltre la fonte, uno zampillo dell'acqua
brucia. Si alza nell'aria la risata di un cane arrabbiato.
Si apre, l'arcobaleno è fuoco e le mani pesanti il viso
coprirono. Era cristallina la lacrima sul sorriso. E Irto
pelo, il cane ringhiava e la tristezza svelava. Tremore.

Poi più giù, uno dei due cade ed un gigante lo sostiene.
I gesti sono lenti, il corpo scompare, la testa è sui piedi.
Uomini assetati di niente. Distesa al sole è la donna. Era
Marja, bruciata dal tempo e dal diavolo. Pesante sforzo.
“Naufragar m'è dolce in questo mare”, disse il poeta.

Gli occhi riaprono, fu di nuovo notte. Intorno, il mare!

M.S.
© copyright2009

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