venerdì 11 dicembre 2009

Lucio Battisti - Pensieri e Parole

lunedì 16 novembre 2009

Urlo.




















Urlo.

Ventiquattro porte. Combinazioni rare
si aprono per poi rinchiudersi. Serpenti,
fantasmi, ricordi, incubi. O solo pietre?
Farfalla, mia, bianca, dietro le porte voli.

Cieca, danzi, volteggi e canti, nella mia
testa. Ti avvicini e dalla bocca, il ghigno!
Lama tagliente, confonde cuore e mente,
fascio di luce, stridente di dolore. E' il mio
urlo!

M.S.
© copyright2009

mercoledì 11 novembre 2009

Amore nuovo
















AMORE NUOVO


Il fiume scorreva nel silenzio. Infiniti i suoi sogni.
Dolce il movimento delle dieci dita. E dalle mani
nasceva forma. Era pietra levigata. Ma… silenzio!
Lacrime di notte, e nella bocca annegavano parole.

Notti insonni, tremore, cercava nella mente il dove,
il perché. Lentamente, inesorabilmente, il nulla. Lo
divorava. Le Mani e la fronte bagnata. Andava, solo,
sul nastro infinito, grigio, e di fianco il mare. E lei?

L’Urlo! Violenta tempesta, fulmini squarciano il buio
di fuori e dentro la sua anima. La felicità è in fiamme.
Una voragine sotto i suoi piedi, corpo, mente, e cuore
sprofondano nel passato. Giornate e notti di assenze.

Carne dolente cerca il futuro, gridando l’ amore, urla
farfalla. Era una coppia, di ali spezzate, il suo animo,
ormai, una gelida presenza della sua vita. Occhi lontani,
Sguardi di ghiaccio. Vendetta, nell’anima, il sentimento.

Voleva volare felice nell’alto, dall’alto soffrire senza lui.
La belva, spietata, si impossessò dell’anima. Ora è solo!
Ma passerà, il tempo tornerà ad illuminare il vortice nero,
sulle sue labbra, di rosso vermiglio pulserà, amore nuovo.

M.S.
© copyright2009

domenica 8 novembre 2009

La dama della luce.
































La dama della luce.

Sogno, pensiero o incubo? Fiore che partorisci la luce.
Un'austera dama sulla preziosa scacchiera. Unico faro.
Sei il centro, sole, albore, illumini la mia notte, riscaldi.
Ho spostato l'ombra della torre dal tuo cammino. Nera.
era sempre con te, deforme, era bianca e vestita di me.

Serpenti e soldati affollavano le mie notti, senza di te,
divoratori di false ambiguità. Tra le maschere bianche
vago nel silenzioso deserto di specchi infranti. I riflessi
si annullano. Tante immagini, cristalli, crisalidi bianche,
farfalle. Un antico suono, un'eco lontana, è nella mente.

Un urlo silenzioso, dal profondo, è un canto sussurrato
che accarezza il mio cuore nell'antico gioco dell'amore.
I pezzi si confondono. Bianco, dolce sapore agro, nero.
Sabbia rovente, dove sdraio i miei pensieri? Sei l'onda
fantasma, luce, presenza fautrice della mia vita oscura.

Tu, dama elegante, centro della scacchiera luminosa,
io sono la tua torre, riparo, isola nell'oceano, son qua!
Fiore della luce mia. Tu! memoria della vita che verrà,
luce della mia luce, che rischiara il mio profondo buio.
Anima mia, tu sei là, lo so! E finché vivrò ti cercherò.

M.S.
© copyright2009

mercoledì 4 novembre 2009

Il Vuoto





















IL VUOTO

Il centro è stanco. Dai vetri appannati,
alcuni riflessi distorti di volti, già noti,
soli. La luce del giorno è spenta e fuori
c'è il silenzio, dentro rumore. La gioia
scivolando va via nelle onde del fiume.

Luci confuse non si accorgono del faro.
Indefinita sensazione, è l'abisso. Colori
smarriti nel tempo e geometrie perfette
si allineano. Piccola colomba sei bianca,
ingabbiata e stanca, urlando, scappi via.

Bruci, la tua solitudine sul palco. Legata,
da invisibili fili, anneghi nell'ignoto. Mio
è lo spazio, dove il centro sei tu. La forma
imperfetta, a me nota e sfuggente. L'odore,
tuo, assaporo quando mi libero nel profondo.

Io sogno. Lasciami accarezzare dai ricordi.
Terra dei miei fiori perché te ne vai? Lo sai
che sei me! Avvolta dal buio totale è senza
l'anima tua la mia. Nell'infinito delle parole
vago, solo per riempire. Vano appagamento
del corpo e della mente.

Il senso dov'è, quando non c'è più qualcosa
di me dentro di te? Terra, dei miei fiori, voli
verso orizzonti a te ignoti. Occhi miei, chiusi,
è un incubo? Solo il pensiero e l'aria manca.
Dalle profondità abissali mi arriva il tuo canto.
Piove. Perché?

M.S.
© copyright2009

sabato 31 ottobre 2009

Il sogno di due naufraghi
















Il sogno di due naufraghi

Il suo nome era Marja. Era del diavolo. Scura
lattiginosa, un odore acro, penetrante e forte.
Il mare se la portò. Erano con luce gli occhi
suoi azzurri, stanchi, speravano oltre la linea.
Cercava il bianco, arrivò il fuoco e fu rosso.

Sembrava pura, era solo una amica lontano.
Si alza deciso il fuoco nel cielo, nell'azzurro,
non ho paura. Si! In alto c'è del Fumo. Ma no!
è solo una nuvola. Lento era il ritmo, il tocco
della campana. Era il corpo del tempo. Dooon.

Fascio di luce stridente di dolore. Volto noto,
antico, esce. Dal bianco cielo dentro la mente.
Dall'acqua leggerezza, lenta, sale. Poi il vuoto.
Raggiunge l'anima. Fu altro, il tempo sognato
vola, perso. Mentre sprofonda da lei il ricordo.

Erano da soli, iniziò il viaggiò, la Paura con loro.
Le guance arrossate, occhi spenti: è vita o amore?
Un leggero brivido sulla la pelle. L'Anima tremò.
Freddo non era, caldo nemmeno. Squillanti e vivi,
i colori, suoni con l'eco. Tremarono le ali spezzate.

Con sforzo, si alzò. Andarono, per vuoti corridoi.
Sopra il cielo, si intrecciavano uguali. Negli occhi
nessuna porta. Muri alti, di fronte la scala, bianca,
di marmo, scendeva ripida, e dal fondo una donna
saliva. Antica bellezza. Il suo occhio, sfuggente, va.

E' vestita di nero, capo chino e chiara la sua pelle.
Brucia lo sguardo suo. Doon! E' la campana, tocco
martellante, e via! Aprì le ali e una colomba volò.
Saluto fugace, il braccio, la mano, pesante, si alzò.
Poi una carezza. E un ghigno si apre sul suo volto.

La pelle di lei, pareva morbida e calda. Era al tatto
pietra. Un volto senza il sorriso, scuro e illuminato
dal sole cocente. Era di giaccio la sua pelle. Tocco
di mano, un pezzo staccò e sotto, il Bianco Teschio
svelò. Svanì. Scale, il marmo fluido i due risucchiò

Lentamente scesero. Tra tanti volti ignoti sfioravano
fantasmi di volti noti. Senza il saluto. Terra, gomma.
Il dentro è fuori. Poi verde. E nel giardino si piegava
la magnolia. I fiori profumati abbracciavano il cielo.
L' inebriante, agro-dolce, odore entrava. Ed è oscuro.

L'intorno fin oltre la fonte, uno zampillo dell'acqua
brucia. Si alza nell'aria la risata di un cane arrabbiato.
Si apre, l'arcobaleno è fuoco e le mani pesanti il viso
coprirono. Era cristallina la lacrima sul sorriso. E Irto
pelo, il cane ringhiava e la tristezza svelava. Tremore.

Poi più giù, uno dei due cade ed un gigante lo sostiene.
I gesti sono lenti, il corpo scompare, la testa è sui piedi.
Uomini assetati di niente. Distesa al sole è la donna. Era
Marja, bruciata dal tempo e dal diavolo. Pesante sforzo.
“Naufragar m'è dolce in questo mare”, disse il poeta.

Gli occhi riaprono, fu di nuovo notte. Intorno, il mare!

M.S.
© copyright2009