lunedì 21 settembre 2009

31) L'ILLUSIONISTA. Breve storia del GIOCO DELLA PAROLA.


L'illusionista è una raccolta di poesie e piccoli testi, nati con un gioco che mi sono inventato su internet, sul popolare network facebook.


Una sera d'Agosto stavo scrivendo un piccolo testo e, allo stesso tempo, ero in contatto con alcuni amici in linea su facebook. Il testo era ispirato al famoso mito della Medusa, figura mitologica che chiunque la guarda negli occhi ne rimane pietrificato. Avevo nella mia mente una chiara immagine, ma non trovavo le parole per poterla trasferire in frasi scritte. Allora l'idea di coinvolgere i mie contatti. Scrissi la parola “bolla” e chiesi loro quale era la prima immagine che gli veniva in mente leggendola.
La risposta fu pronta, appassionata, divertita e inaspettata: decine e decine di persone all'istante risposero descrivendo la propria immagine mentale che si formava leggendo la parola “bolla”.
Per organizzare la mia idea insieme alle immagini e parole singole che man mano arrivavano sia direttamente dalla mia fantasia, che dal web, da tutte quelle persone in linea, pensai ad una struttura rigida di componimento, ad un sonetto composto da due quartine e due terzine. In tal modo potevo concentrarmi solo sulle immagini parziali e quella finale, e non tanto sulla composizione.
Il risultato finale, la forma finale, mi sorprese, mi divertì e mi affascinò.
Nacque un sonetto dal titolo“Luminosa trasparenza” . Il primo di una lunga serie di piccoli scritti. Lo pubblicai.
Il giorno dopo ci ritornai, azzardai un'opera di “destrutturazione del sonetto”. In sostanza lavorai sulla struttura smontandola al fine di rendere meno rigida la forma, più leggera. Del sonetto iniziale non rimase che una vaga e trasparente struttura invisibile che reggeva la forma che io avevo in mente. Trasformai il titolo in “Luminuse trasparenze” per distinguerlo dalla prima. Mi piaceva dare, insieme alle immagini, anche una chiave di lettura sul mio modo di comporre, che per me è un momento fondamentale nella realizzazione di una poesia: il modo di comporre, di mettere insieme parole e frasi che esprimono immagini, condiziona e trasforma l'evocazione dell'immagine iniziale, la struttura è ciò che regge la forma, la costruzione della struttura è il momento in cui si realizza la poesia. Volevo rendere partecipi i miei contatti anche sulla realizzazione del testo.
Avevo trovato un sistema di lavoro per poter mettere insieme in versi tante immagini che avevo nella mente. Sia la prima versione che la seconda ebbero grandi apprezzamenti, le persone che, divertiti, avevano partecipato, apprezzavano la poesia dimostravano anche felicità nel ritrovare una propria immagine scaturita dalla parola “bolle”, perfettamente incastrata in altre immagini sia mie che di altri partecipanti.
Diedi appuntamento ai miei contatti per le sere successive. Nacque Il “Gioco della Parola”.
Ogni sera un appuntamento fisso con la parola, un gioco che esso stesso, via via, diventa poesia. Per circa quarantacinque sere consecutive ho giocato insieme ad una trentina di amici, partecipanti fissi, più tanti altri contatti, con le parole: una mia immagine, una parola chiave presentata ai contatti, pronte risposte che modificavano o formalizzavano la mia immagine rendendola viva. Il risultato finale di questo “gioco”sono trentasette piccoli scritti divisi per blocchi di immagini.

La prima parte è composta da 14 piccoli scritti: “Trasparenze” . Ognuno di questi quattordici scritti è un frammento di qualcosa che mi circondava nella vita reale in quei momenti: frammenti di attualità, vissuti o solo episodi letti sul web, storie di attualità entrati dentro di me attraverso la navigazione in rete in quelle sere.
Poi un cambiamento improvviso di rotta. Una forma, che si faceva largo nella mia mente, leggermente diversa da quella espressa fino a quel momento, fa cambiare la mia organizzazione di quelle immagini.
Scrivo un piccolissimo racconto, molto breve, una sorta di narrazione in prosa e non in versi.
"Capo Colonna". La messa in forma di ricordi, confusi a sogni e alla mia immaginazione, trasformata dalle immagini dei contatti che rispondevano alla parola “Colonna”.
Quella sera fu una sorta di punto e a capo. Una riorganizzazione dei pensieri. Scesero in campo i sogni, la fantasia, mi stavo ormai allontanando dall'attualità come stimolo creativo per narrare. In quel momento desideravo solo costruire un'immagine pura, una forma pulita di ogni cosa che poteva avere riferimento con l'attuale.
Un mio bisogno che si faceva sentire sempre più forte in me in quelle sere era di affrontare temi grossi, profondi, ma avevo timore di non riuscirci, o, peggio ancora, di poter stancare e suscitare noia nei miei interlocutori: la maggior parte di loro veniva su facebook la sera per rilassarsi e non pensare a niente.

Ma, nonostante questi miei timori, ci provai.
Iniziai con i quattro elementi fondamentali e proposi, una alla volta, le seguenti parole:
Terra, Aria, Fuoco, Acqua.
La risposta dei miei amici, anche questa volta, di volta in volta, per ogni elemento proposto, fu, inaspettatamente, pronta, coinvolgente e appassionata.
Fui veramente felice, continuai nelle sere successive a proporre il mio gioco della parola, e ogni volta realizzavo un piccolo testo che liberava una forma che da tempo era bloccata dentro di me.
Da quelle immagini, rispettivamente per ogni parola che si riferiva al singolo elemento fondamentale, realizzai quattro piccoli testi:
Madre, L'ora, La danza delle scintille e Fluida spirale.

Dopo questi quattro pezzi ci fu un cambiamento straordinario nel mio modo di interpretare questo gioco: per me non era più un gioco, stava diventando sempre di più una vera operazione letteraria, poetica, stava diventando sempre di più l'organizzazione formale di un'idea.
Avevo un'idea dentro di me, già formata, voleva ormai uscire, farsi vedere: voleva avere una forma chiara e leggibile.
La mia mente si affollava di immagini, ricordi, pensieri che volevano essere con forza trasformati in parole scritte. Mi sentii leggermente smarrito da questa sensazione.
Questa volta, senza indicare alcuna parola agli amici e chiedere una immagine corrispondente, scrissi un altro piccolo testo “Toglietemi gli specchi”.
Una riflessione fantastica sul mio mondo interiore di quel momento, dove si rifettevano le immagini che ricevo dall'esterno e quelle che arrivano dal passato e dai sogni, confondendosi nel divenire del tempo.

Dopo questo testo riprende il gioco della parola e nasce il terzo blocco di 17 poesie, ispirate al “Silenzio”.
La prima, per me molto importante, è “Stanza”.

Ormai la mia idea di forma, di poesia che volevo scrivere, era chiara in me: doveva avere confini flessibili, vaghi, plasmabili, un po' come la musica. Potenzialmente si doveva adattare a qualsiasi spazio mentale. Un po' come l'acqua. Per questi 17 pezzi ho usato sia il verso in rima che il verso libero, e sono sempre partito da una struttura bloccata per poi smontarla, liberando la forma e alleggerirla.
In quei momenti ero concentrato sulle immagini evocate dalle parole, la concatenazione tra loro che evoca altre immagini ancora, sulla forma che dovevano percepire i miei contatti e su null'altro.
In genere io amo l'indeterminatezza, il non finito, il vago. I miei sforzi compositivi in quelle sere e in quei giorni -perché di sforzi si tratta e non di illuminazioni creative- li facevo affinché il lettore poteva trovarci ciò che voleva: l'immagine, anzi le immagini proposte, mi sforzavo di non bloccarle in una forma conclusa anche a scapito di un senso logico della composizione.
Una volta finito un testo, e leggevo che non appariva chiaramente un senso logico nella forma di ciò che avevo appena scritto, tra me e me, mi dicevo: -ma poi chi ha detto che una poesia deve avere un "senso logico" mica è un saggio, o un articolo di cronaca?
Me lo sono detto ogni volta che dovevo pubblicare uno di questi 17 pezzi, ma poi, puntualmente, l'ho pubblicato.
“Stanza” è la messa in forma di quel mio stato mentale di quelle sera, le decisioni da prendere affinché una forma abbia un senso anche senza raccontare alcun fatto logico.

Una mia amica di facebook, che ha partecipato attivamente a questo gioco della parola, Marianna Micheluzzi, in uno dei suoi commenti a proposito di “Stanza” scrive: “Ognuno di noi è in quella stanza. Quella stanza è la vita, il vivere, il nostro vivere. 'Porte' e 'orizzonte bloccato' sono parole chiave, che denunciano tutta l'angoscia di chi faticosamente ora dopo ora (24 porte) prova ad aprirle quelle porte. Però gli 'antichi Muratori' sono implacabili nel portare avanti la propria opera e la sfida continua. Si ripete.”
Ed era proprio così! alla fine penetravo mentalmente in una di quelle porte perdendomi, e ritrovandomi, in un mondo di silenzi. Con le parole non avevo altro interesse che dar forma ai sentimenti universali così come li avevo vissuti, li vivo o li vorrei vivere io. I temi affrontati in questo terzo blocco sono stati. il tempo, l'amore, la vita, la morte, la solitudine, l'anima.
Ma non solo, ero anche affascinato dalla bellezza di un fondamentale elemento dell'uomo, quella meravigliosa attrezzatura che ognuno di noi ha a disposizione dalla natura e che mette in relazione il nostro cuore e la nostra mente con l'universo: i cinque sensi. In ognuno di questi testi , c'è sempre l'uomo che attraverso i suoi sensi mette in relazione la propria mente, il proprio cuore, l'anima, con l'universo.

Dopo questa meravigliosa avventura, in una mail, un mio contatto, la mia amica RosaAnna Pironti, mi scrive una lunga lettera facendo delle acute osservazioni su alcuni dei miei scritti. Chiude la lettera con una frase che si imprime nella mia mente. La lettera si chiudeva testualmente così:
"[...]Istintivamente, mi piace, a parte Apollo e Dafne, la trovo di una forte sensualità di carattere maschile. Ci pensavo oggi, sei un affabulatore."
Usa la parola “affabulatore”. Una parola, la parola che stavo cercando.
Lessi quella lettera, risposi, senza accennare a quella parola che si stava conficcando dentro di me, non senza provocare una sorta di dolore.

Affabulatore.
Subito pensai all'accezione negativa del termine, di essere stato frainteso, che stessi tramando qualcosa coinvolgendoli in quel gioco.
Poi, come sono abituato a fare, cercai di ribaltare la situazione e osservai quella parola da tutti i punti di vista possibili e impossibili: cercai di comprendere quanti significati semantici poteva evocare.
Affabulatore, tra i tanti mi piaceva quello che esprimeva il carattere di chi riusciva a raccontare la vita attraverso la “fabula”. Si! mi affascinava l'idea del narratore di favole, del costruttore di immagini, di illusioni.
L'illusionista.
 
M.S.
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